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Notte bianca a Pesaro

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E’ stata chiamata, e non a caso, la “buona notte”, quella che il 26 giugno scorso ha ospitato il lungomare della città di Pesaro. Sorvolando i pareri discordi sull’evento, questo è il breve racconto sarcastico di chi, alla notte bianca di Pesaro, c’è stato. Il viale dei ristoranti di Pesaro, viale trieste, quello che costeggia le spiagge e si allunga fino all’imbocco del porto era invaso da un’orda di ragazzi semidivertiti dall’aspetto post-nucleare. Dovevate vedere il terrore degli albergatori barricati nelle proprietà e il disinteresse all’evento dei gestori di ristoranti che pagavano la chiusura al traffico con una scarsa affluenza di clientela. L’aspetto del centro storico e del lungomare stesso non era di certo dei migliori e tutto appariva come una enorme mal riuscita bomboniera: gli addobbi di colore bianco sui ristoranti, alberghi e american bar erano mal fatti, privi di ogni coerenza tra le varie location e azzarderei anche poco piacevoli da vedere. Sicuramente l’evento deve aver richiamato clientela per almeno una categoria degli esercenti: gli american bar e le gelaterie. Altrettanto non si può dire per gli alberghi e i ristoranti. Oltre all’imprevedibile disordine di una serata mal organizzata e di una gestione pubblicitaria poco impegnata, ho assistito al suicidio turistico della città e dell’amministrazione politica. L’affluenza è stata minima e per giunta, come se non bastasse, alle ore 1.00 tutto era finito. Un improvviso silenzio è sceso sul viale e lo sciame dei pochi  partecipanti si è disperso come formiche a caccia di un nuovo rifugio raggiungendo in fretta le automobili in uno degli infiniti parcheggi a pagamento della città. Come dire, il modo migliore per spostare potenziali clienti verso altre mete. La serata non ha funzionato, e si ha l’impressione che ci fosse proprio l’intenzione, da parte dell’amministrazione, a non far girare le cose nel verso giusto.
C’è da chiedersi, fuori da ogni ironia, a che cosa serva creare eventi a metà, senza nessun investimento artistico, impedendo all’evento stesso di essere appetibile per i cittadini e soprattutto per i turisti e gli abitanti della provincia. Che un Capoluogo di Provincia non abbia l’intelligenza di capire e la capacità di cogliere le opportunità di crescita del mercato turistico, è assolutamente un paradosso. E’ un fatto incredibile, talvolta disdicevole, quello per cui una parte politica ben definita dal punto di vista intellettuale sappia ricercare buone possibilità di crescita culturale per la città, ma al tempo stesso sappia dimenticarsi delle esigenze commerciali della stessa.
Alberghi, ristoranti, pubblici esercizi legati al turismo sono una parte consistente dell’economia ma, e questo va capito, anche dell’anima e dell’intelletto di una città importante come Pesaro, che non può permettersi, in materia di turismo, di essere seconda a nessuno. In un momento di crisi come questo, l’opportunità è sacra, e nessuno può scegliere, in ragione di qualche obsoleto intellettualismo, di arroccarsi alle spalle di una volontaria cecità imprenditoriale.