Archivio mensile:novembre 2013

Estetica e food design: buono non basta più, deve essere anche bello

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Il Food Design è la progettazione degli atti alimentari, il processo che determina una particolare forma del cibo, progettare un piatto o un prodotto alimentare secondo la logica dei bisogni che abbiamo quando ci approcciamo al consumo. Il Food Designer coordina la progettazione delle modalità e degli ambienti dove i prodotti alimentari sono elaborati, distribuiti e consumati, progetta il cibo dal punto di vista estetico e comunicativo, attraverso forme, colori, sapori ed odori. Un esempio? Il bastoncino di pesce. Marije Vogelzang, food designer, ha affermato: “Un bastoncino di pesce è un oggetto di design complesso ed ha uguale diritto di essere esposto in un museo del design, come una sedia”. Ma voi ce lo vedete Stendhal di fronte alla bellezza dell’arte del bastoncino di pesce, farsi prendere dalla sindrome del capitano Findus?

La gastronomia come arte che non consiste esclusivamente nella preparazione del cibo, si forma a partire dal Rinascimento, ma è nel ‘600 che s’impongono nuove regole del gusto, si comincia a privilegiare la qualità alla quantità, le preparazioni si fanno ricercate e più leggere. Un processo perfettamente testimoniato dalla cucina francese che si è vocata al gusto sensoriale ed estetico. Proprio durante la Rivoluzione Francese, furono fondati i primi ristoranti pubblici che potevano essere frequentati da tutti quelli che disponevano dei mezzi per farlo, l’arte della cucina smise di essere esclusiva dell’aristocrazia e del gusto dell’aristocrazia, ed i cuochi si trasformarono in professionisti della ristorazione desiderosi di essere riconosciuti come veri e propri artisti. Cibo ed arte, una questione più viva che mai, tanto si parla a proposito della gastronomia e della cucina della capacità creativa dei cuochi, ad esempio, oppure della possibilità di riconoscere al cibo un’arte naturale, per non parlare dell’intreccio tra estetica ed etica nell’esperienza gastronomica, o delle relazioni che intercorrono tra immagine e gusto. Siccome la relazione tra cibo ed arte è materia sulla quale la filosofia si è interrogata fin dai tempi di Platone ed io con Platone e tutti gli altri non ho intenzione di litigare, non mi prenderò l’arduo compito di tirare le fila di quel dibattito piuttosto mi soffermerò sulle relazioni che intercorrono tra immagine e gusto anche se alla concezione estetica occidentale che accosta il piacere estetico all’esperienza artistica esclusivamente legata alla vista e all’udito toccherà il rimprovero di una certa ristrettezza. E’ capitato a me e solo a me di vivere, attraverso il cibo, stadi di piacere che nulla avevano da invidiare a quello che Stendhal provò uscendo da Santa Croce a Firenze? Ma soffermiamoci sulle percezioni che si vivono quando mangiamo qualcosa alla cui presentazione è stata data molta importanza. Innanzitutto, studi recenti hanno dimostrato che un fattore decisivo è il colore dei piatti. Alimenti identici serviti in piatti di diverso colore sono percepiti in maniera diversa. Un piatto nero amplifica il sapore del cioccolato e del caffè, a sottolineare come la concordanza di colori generi un maggiore gradimento del cibo presentato. L’esperienza visiva, dunque, precede quella olfattiva, gustativa e tattile e ci predispone al cibo nel piatto. Il piatto, dunque, si trasforma in un vero e proprio spazio artistico nel quale il cibo, attraverso i colori, comunica emozioni e stimola percezioni. Non sbagliamo, quindi, quando diciamo che il cibo è un linguaggio complesso che prevede contenuto, funzione e forma, quando, cioè, gli attribuiamo un qualcosa di più di uno stato naturale. E’ in una prospettiva culturale del cibo che nasce il “Food Design”.