Storia della Festa di Halloween

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S’apre una questione, tu lo festeggi o non lo festeggi Halloween? La conosci la storia della Festa di Halloween? Quelli che non lo festeggiano, non lo festeggiano perché…Perché festeggiare una ricorrenza che non ci appartiene? Io Halloween lo voglio festeggiare, così, per il gusto di fare festa e regalare caramelle ai bambini, che io poi me ne mangi la metà di quelle che dovrei regalare è un’altra storia. Io Halloween lo voglio festeggiare, perché mi piacciono i dolciumi e perché mi piacciono i mostrini. Cercherò di dare una buona ragione ai rigorosi conservatori per celebrare questa ricorrenza senza che debbano sentirsi traditori delle nostre tradizioni.

zucca di halloween, perché si festeggia

Storia della Festa di Halloween

Innanzitutto, non è vero che questa festa di origine celtica non ci appartiene. I Celti, in Italia, ci sono passati e non si sono limitati a passare. In Italia Settentrionale, ad esempio, sono stati scoperti insediamenti celtici nella zona dei laghi prealpini. Ci sono anche iscrizioni rupestri che lo testimoniano. Insomma, i Celti sono passati , si sono costruiti le loro casette ed hanno scritto anche sui muri. Queste tribù invasero poi tutta la Pianura Padana, fino al Mare Adriatico a sud di Ancona. La loro civiltà fu assimilata nei nostri rituali funebri delle cremazioni e noi insegnammo loro un po’ di cose. Un esempio dell’una e dell’altra cosa. Alcuni resti della culinaria romana dimostrano gusti e materie prime attinte dai Celti. E fummo noi a trasmettergli un certo buon gusto nella gioielleria e negli ornamenti dell’abbigliamento. In antropologia, questa cosa del sommarsi e del mescolarsi si chiama sincretismo. Ed il sincretismo è un buon esercizio a conciliare usi e costumi che appartengono a culture diverse. Dove voglio andare a parare? perché raccontare la storia della Festa di Halloween? Festeggiamo Halloween, decoriamo la zucca, vestiamoci da zombie, attacchiamo a porte finestre adesivi di teschi e scheletri e deliziamoci de i nostri dolci tipici. Secondo le credenze popolari, le anime dei defunti tornano dall’aldilà e siccome il viaggio è lungo e faticoso è nata la consuetudine dell’offerta di cibo. Un modo furbetto e di garantito successo per assicurarsi la benevolenza dei morti e per esorcizzare la paura della morte e dell’ignoto. In Italia, per l’occasione, si preparano ottimi dolci fatti in casa. In Sicilia, si fanno i Seni della Vergine, a forma di mammelle, ripieni di zuccata al gelsomino. In Calabria si fanno le Dita di Apostolo, pasta di mandorla farcita con marmellata di cedro a forma di dita della mano. In Alto Adige, in Val Passiria, ci sono grossi pani a forma di cavallo che si chiamano, appunto, i Cavalli. In Campania, si usa preparare il “torrone dei morti”, un torrone morbido a base di cioccolato e siccome questi torroni hanno una forma che assomiglia a quella di una bara, i napoletani li chiamano anche “morticielli”. In quasi tutte le regioni si preparano dei biscotti a base di mandorle, pinoli, albumi e talvolta cioccolato, che vengono chiamati le “fave dei morti”. Le fave vengono associate ai defunti fin dai tempi antichi. In Grecia, durante le feste in onore di Dioniso e di Ermes, si aveva la consuetudine di esporre le fave sugli altari come offerta alle anime dei defunti. In Toscana, in Veneto, in Calabria, era tradizione recarsi al cimitero e mangiare fave sulle tombe dei propri cari. Nel corso dei secoli, insomma, le nostre tradizioni anche culinarie si sono sommate e mescolate con quelle di altri. I bambini di oggi che bussano alla porta chiedendo dolcetto o scherzetto non sono poi così diversi da quelli che, una volta, in tutta Italia, andavano a bussare alla porta, nella notte tra il 31 ottobre ed il 1 novembre, a fare quella che si chiamava “questua”. In Sardegna, i bambini, in strada, dicendo “Morti, morti”, ricevevano in dono dolci, frutta secca e qualche volta anche denaro. In Puglia, i ragazzi cantando una canzone dedicata all’ “aneme de muerte” (l’anima dei morti) venivano invitati ad entrare nelle case e venivano rifocillati con vino, castagne e taralli. Halloween è solo la versione anglosassone di una tradizione, il ricordo dei defunti e del loro ritorno sulla Terra, che da noi era già presente, anche nella consuetudine di intagliare le zucche. In Puglia, infatti, il 1 novembre, nella piazza principale di un piccolo paese, Orsara, si svolgeva la gara delle zucche decorate, dette “cocce priatorje”, teste del purgatorio. Nella tradizione anglosassone, la zucca rappresenta la lanterna di Jack l’Avaro che fu rifiutato dal Paradiso e dall’Inferno per la sua mancanza di umanità, costretto a vagare nel buio con il solo aiuto della sua macabra lanterna. Una gran brutta punizione, che dite, mettiamo da parte i fondamentalismi? Ecco la storia della Festa di Halloween, buon Halloween!

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